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Public Affairs - INSIGHTS

Normative ESG: come prepararsi a nuovi obblighi e report

Scopriamo insieme perché le imprese devono integrare sostenibilità e comunicazione trasparente nel proprio DNA.

09 LUGLIO 2025

10 Minuti di lettura

Introduzione 

L’introduzione di nuove direttive impone alle aziende non solo di fare, ma anche di rendicontare e comunicare in modo trasparente il proprio impatto. La posta in gioco? Fiducia, competitività e accesso al mercato.

Negli ultimi anni, le tematiche ESG (Environmental, Social, Governance) sono passate da iniziative volontarie a elementi normativi centrali nella gestione aziendale. La crescente pressione da parte di investitori, istituzioni e clienti ha reso evidente che la conformità ESG non è più una scelta strategica facoltativa, ma un requisito operativo per restare competitivi, accedere a capitali e mitigare i rischi legali e reputazionali.

Oggi, le aziende non possono più limitarsi a dichiarare buone intenzioni: devono misurare, dimostrare e comunicare con efficacia il proprio impatto ambientale, sociale e di governance. Questo scenario impone un cambio di mentalità e, soprattutto, una preparazione strutturata, sia sul fronte della compliance che della comunicazione aziendale.

Con l’introduzione della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), dell’obbligo di rendicontazione secondo gli standard ESRS e con la progressiva estensione degli obblighi anche alle PMI non quotate attraverso la catena del valore, è fondamentale che le imprese inizino oggi un percorso di preparazione strutturato. In questo scenario, anticipare l’adeguamento non significa solo ridurre il rischio di sanzioni, ma trasformare un obbligo normativo in un’opportunità di consolidamento della governance, attrattività finanziaria e posizionamento di lungo periodo.

Perché le normative ESG non sono più rinviabili

Nell’ambito del Green Deal Europeo si colloca l’approvazione e la pubblicazione, avvenuta il 16 dicembre 2022, sulla Gazzetta Ufficiale UE della Direttiva n. 2022/2464 riguardante la rendicontazione societaria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD). La CSRD va così a modificare la Direttiva 2013/34/UE, concernente l’obbligo di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario per le imprese di grandi dimensioni.

L’Italia ha recepito la Direttiva con il Decreto Legislativo 6 settembre 2024, n.125 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 10 settembre 2024 ed entrato in vigore a partire dal 25 settembre 2024.

La Direttiva si applica in diverse fasi:

Questa direttiva impone l’obbligo di: Redigere un report di sostenibilità integrato con quello finanziario; Utilizzare standard comuni europei (ESRS) per garantire uniformità e comparabilità; Dimostrare l’impatto reale dell’attività aziendale sui fattori ambientali, sociali e di governance.

Anche altre normative, come la EU Taxonomy, la Supply Chain Due Diligence Directive e il Regolamento SFDR (per operatori finanziari), contribuiscono a creare un sistema integrato in cui le imprese devono rendere conto non solo di cosa fanno, ma di come e con quali risultati.

Oltre a definire chi deve rendicontare, la Direttiva introduce il vincolo di utilizzare gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS), ovvero standard unificati che impongono una rendicontazione dettagliata, verificabile e coerente con il principio della “doppia materialità” (impatto dell’azienda sull’ambiente e viceversa).

L’impatto concreto sulle imprese

Non è più sufficiente un approccio narrativo o auto-dichiarato alla sostenibilità. Le imprese dovranno disporre di sistemi informativi strutturati per raccogliere, elaborare e validare dati ESG in modo continuo e documentabile. Per la maggior parte delle aziende, questo implica:

La conseguenza diretta di queste normative è che la sostenibilità non può più essere trattata come un capitolo separato o una voce “green” del marketing. Al contrario, deve essere incorporata nella strategia aziendale, misurata attraverso KPI chiari e tracciabili, monitorata con processi interni robusti (anche sulla supply chain), gestita con attenzione alla comunicazione esterna, coerente e basata su dati.

In sostanza, la compliance ESG richiede un cambiamento culturale prima ancora che documentale. Le imprese che tardano a dotarsi di sistemi di controllo e governance ESG rischiano di trovarsi escluse da bandi pubblici, finanziamenti agevolati e supply chain regolamentate.

Chi non si adegua, di conseguenza, rischia sanzioni legali, perdita di fiducia da parte degli stakeholder e danni reputazionali.

Verso un approccio proattivo: 5 leve pratiche da attivare

La buona notizia è che prepararsi in anticipo è possibile, anche per le PMI, se si adotta un approccio graduale e orientato ai risultati. Ecco cinque leve operative da cui partire:

Prima di agire, bisogna capire quali sono i temi ESG rilevanti per l’impresa, sia dal punto di vista dell’impatto ambientale/sociale, sia delle aspettative degli stakeholder. Un buon assessment consente di focalizzare le risorse sulle aree critiche. 

L'informazione ESG deve essere disponibile, verificabile e storicizzabile. Anche un semplice cruscotto iniziale con indicatori chiave può costituire un primo passo per strutturare una rendicontazione credibile. 

Il successo dell'adeguamento normativo dipende dalla capacità di trasformare la cultura interna. Serve formazione mirata per far comprendere il valore (non solo l’obbligo) del dato ESG. 

L’allineamento ESG riguarda anche fornitori e partner. Inserire requisiti minimi nei contratti, sistemi di autocertificazione o audit periodici è essenziale per mitigare il rischio normativo.

Un supporto esterno può accelerare il processo e garantire la coerenza tra i report ESG e le aspettative normative e di mercato.

Il ruolo cruciale della comunicazione

La compliance normativa è solo un lato della medaglia, l’altro, altrettanto strategico, è la comunicazione ESG.
Le aziende devono altresì imparare a raccontare con trasparenza e credibilità i propri percorsi di sostenibilità. Questo significa:

In questo scenario, il ruolo delle funzioni di comunicazione e PR diventa centrale: non solo per “raccontare”, ma soprattutto per coordinare e allineare messaggi, dati e azioni, dentro e fuori l’organizzazione. Un esempio concreto di comunicazione efficace? Con il suo Sustainability Report 2023, Un’azienda energetica italiana ha pubblicato un esempio di reporting ESG allineato alla CSRD. Oltre ai dati tecnici, integra video, infografiche e testimonianze che rendono il report fruibile anche per stakeholder non specialistici. Viene dato spazio a: Emissioni evitate (82 milioni di tonnellate di CO₂); Progetti di inclusione sociale nelle comunità locali; Governance della sostenibilità integrata nel CDA. In questo report troviamo tutti gli elementi necessari, ovvero trasparenza, narrazione e dati strutturati.

ESG e accesso al capitale: un binomio sempre più stretto

Oltre all’obbligo normativo, è il mercato stesso a richiedere rendicontazione ESG. Banche, investitori e fondi di private equity integrano indicatori di sostenibilità nelle proprie metriche di valutazione, con impatti su:

In particolare, i nuovi parametri della Tassonomia UE definiscono cosa può essere considerato sostenibile anche agli occhi degli investitori istituzionali, rendendo le metriche ESG un prerequisito per attrarre capitali.

Conclusioni: trasformare l’obbligo in vantaggio competitivo

Il futuro delle imprese passa per la capacità di rendere visibile e credibile il proprio impegno sostenibile. Le nuove normative ESG impongono rigore e responsabilità, ma offrono anche l’occasione per costruire fiducia, innovare e differenziarsi nel mercato.

Le normative ESG rappresentano un cambiamento strutturale, non una tendenza temporanea e non si tratta solo di “sapersi adeguare”, ma di saper integrare la sostenibilità nei meccanismi decisionali, nei processi operativi e nella gestione strategica dell’impresa. Prepararsi significa non solo evitare sanzioni o esclusioni da mercati regolamentati, ma anche accedere a capitali, migliorare la reputazione aziendale e rafforzare la resilienza organizzativa.

Per le imprese che vogliono guidare il cambiamento, è questo il momento di agire. Con un piano ben strutturato, strumenti di monitoraggio adeguati e il supporto di una consulenza esperta, la transizione ESG può diventare una leva concreta per la crescita e la competitività.

Chi saprà integrare sostenibilità, governance e comunicazione, non solo sarà in regola con le norme: sarà anche più competitivo, più attrattivo e più resiliente.