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Corporate Protection - INSIGHTS

I principali errori umani che causano incidenti di sicurezza

Nel dibattito pubblico sulla sicurezza informatica, l’attenzione è spesso rivolta alla tecnologia: firewall, antivirus, crittografia, aggiornamenti software, minacce APT, attacchi ransomware

05 AGOSTO 2025

10 Minuti di lettura

Introduzione 

Ma la verità, più silenziosa e spesso trascurata, è che la maggior parte degli incidenti di sicurezza nasce da un errore umano. Non si tratta di sabotaggi deliberati, ma di gesti quotidiani – click avventati, condivisioni non autorizzate, password deboli, negligenze involontarie – che aprono falle in sistemi anche ben configurati. Il problema, quindi, non è solo tecnologico ma culturale: ogni anello umano dell’organizzazione, se non adeguatamente formato e responsabilizzato, può trasformarsi in un vettore di rischio.

Per le imprese, il punto non è azzerare l’errore umano (impossibile), ma costruire una cultura aziendale in cui l’errore venga ridotto, anticipato, contenuto. Per farlo, bisogna innanzitutto riconoscerlo, comprenderne le dinamiche e affrontarlo con strumenti pratici, non solo con policy scritte in piccolo su una intranet.

Dove (e come) l’errore umano si insinua

Quando si parla di “errore umano”, si tende a immaginare un’unica categoria generica. In realtà, gli incidenti di sicurezza derivanti da comportamenti errati si articolano in diverse tipologie, ciascuna con cause e impatti differenti.
La loro comprensione è il primo passo per strutturare interventi mirati, calibrati sui reali punti deboli del comportamento aziendale. Alcuni esempi ricorrenti includono:

Spesso mascherati da comunicazioni legittime, sfruttano l’elemento di urgenza o familiarità. 

Tramite e-mail, chat o fogli condivisi, in modo non autorizzato o insicuro.

Comportamenti che vanificano anche i sistemi più avanzati di autenticazione.

Spesso senza misure minime di protezione fisica o logica. 

Da parte degli utenti, con conseguente esposizione a vulnerabilità note. 

Per comodità, si aggirano policy e si espongono dati aziendali a rischi esterni. 

Ad esempio, non sapere a chi segnalare un sospetto, o ignorare una notifica di alert. 

Queste azioni non dipendono da malafede, ma da disattenzione, pressione lavorativa, scarsa formazione o mancanza di consapevolezza del ruolo attivo di ogni dipendente nella protezione dell’organizzazione.

Il costo dell’errore umano: molto più di un disservizio

Gli impatti economici e reputazionali di un errore umano possono essere enormi, soprattutto se colpiscono asset critici come database clienti, infrastrutture di produzione, sistemi di pagamento o piattaforme di comunicazione.

Un singolo errore può causare:

Nel 2023, secondo l’IBM Cost of a Data Breach Report, il costo medio globale di una violazione dei dati ha raggiunto il massimo storico di 4,45 milioni di dollari, con un incremento del 15% negli ultimi tre anni. In Italia, il costo medio si attesta a 3,55 milioni di euro, in crescita costante. È quindi evidente che, seppur spesso invisibile, il fattore umano è uno dei costi occulti più pericolosi nella gestione del rischio aziendale.

Perché gli errori avvengono: modelli comportamentali da conoscere

Affrontare il problema non significa colpevolizzare il personale, ma comprendere i meccanismi che portano all’errore, per progettare ambienti di lavoro e protocolli che lo riducano sistematicamente. Tre modelli comportamentali spiegano in gran parte le dinamiche dell’errore: 

Molte azioni digitali vengono eseguite automaticamente, senza attenzione consapevole. Il phishing, ad esempio, sfrutta proprio queste abitudini. 

In contesti stressanti o ad alta intensità informativa, l’attenzione cala e aumenta il rischio di cliccare dove non si dovrebbe o ignorare segnali d’allarme.

Se non si comprende davvero cosa può succedere, è più facile trascurare regole e procedure. 

La risposta efficace, quindi, non è solo tecnica (firewall, backup, autenticazione a due fattori), ma organizzativa: serve un ecosistema che prevenga, segnali e corregga l’errore umano.

Come ridurre gli errori: leve concrete e approccio integrato

Ridurre gli errori umani in azienda richiede un’azione su più livelli, tra cui:

Non bastano corsi annuali generici. Servono momenti brevi, frequenti, personalizzati per funzione e rischio. 

Strumenti pratici che rafforzano la consapevolezza e misurano l’efficacia formativa. 

Se le policy di sicurezza sono scritte in legalese e nascoste in una cartella, nessuno le seguirà. Serve chiarezza e immediatezza. 

Per ridurre il tempo di reazione e incentivare la responsabilizzazione. 

UX e design sono centrali. Una dashboard confusa può generare errori anche in personale competente. 

Se il management tratta la sicurezza come un compito “IT”, il personale seguirà l’esempio. Serve un commitment visibile dall’alto. 

Il ruolo dell’advisor esterno nella gestione del rischio umano

Un advisor specializzato può essere utile non solo per impostare la sicurezza tecnologica, ma anche per analizzare il rischio umano in modo strutturato. In particolare:

Questo approccio è particolarmente efficace per PMI in crescita, aziende familiari in transizione generazionale o gruppi con una forza lavoro distribuita (es. retail, logistica, sanità, servizi).

Conclusione: il rischio umano si gestisce con cultura, non solo con software

Il vero rischio per molte aziende non è un hacker sofisticato all’estero, ma un dipendente disattento, sotto pressione o poco formato. La minaccia non è teorica, è concreta, quotidiana, silenziosa. E, proprio per questo, può essere affrontata con successo solo se inserita in un progetto organico di consapevolezza, responsabilità e protezione.

Le tecnologie sono fondamentali, ma non bastano. Serve una cultura aziendale che trasformi ogni persona in un presidio attivo di sicurezza. Perché oggi, più che mai, la vera difesa comincia con un gesto semplice: sapere cosa si sta facendo.