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M&A & Capital Market - INSIGHTS

ESG e immobiliare: quali asset attireranno più capitali?

Il mondo del real estate è entrato in una nuova era, dove l’interesse degli investitori non si misura più solo in metri quadri o rendimenti lordi, ma sempre più spesso in termini di conformità ambientale, impatto sociale e governance trasparente.

18 LUGLIO 2025

10 Minuti di lettura

Introduzione 

Il principio dell’ESG (Environmental, Social, Governance) non è più un’etichetta accessoria da inserire nei materiali promozionali, ma un criterio sempre più strutturale nella selezione degli asset, nella costruzione di portafogli immobiliari e, soprattutto, nell’allocazione dei capitali.

Gli investitori istituzionali – fondi pensione, assicurazioni, fondi sovrani, veicoli paneuropei – stanno riorientando le proprie strategie in favore di asset immobiliari che siano in grado di rispondere agli obiettivi ambientali dell’Unione Europea, alle esigenze sociali emergenti e ai requisiti di governance che la finanza sostenibile impone. Il cambiamento è profondo e accelerato, con implicazioni dirette sulla progettazione, la valorizzazione e la commerciabilità degli immobili, specialmente nei segmenti corporate, logistico e residenziale urbano.

Ma cosa significa realmente ESG applicato al real estate? E, soprattutto, quali tipologie di asset saranno in grado di attrarre più capitali nei prossimi anni?

ESG e immobili: una relazione sempre più codificata

Fino a pochi anni fa, parlare di sostenibilità in ambito immobiliare significava limitarsi all’efficienza energetica o alla certificazione LEED di qualche edificio terziario. Oggi, la logica è completamente cambiata. Gli operatori più attenti non si limitano a “fare verde”, ma adottano un approccio olistico che considera l’intero ciclo di vita dell’immobile e il suo impatto sul territorio, sulle persone e sulla struttura proprietaria. 

La componente “E” (Environmental) non si esaurisce nel basso consumo energetico, ma include criteri come le emissioni di CO₂ in fase di costruzione, l’impronta dei materiali impiegati, la circolarità degli arredi e persino la presenza di biodiversità integrata nel progetto. 
L’aspetto “S” (Social), tradizionalmente meno strutturato, sta emergendo con forza. Accessibilità, inclusività, creazione di spazi di relazione, impatto sui quartieri, servizi integrati per la comunità: sono tutti elementi che stanno entrando nei KPI degli investitori istituzionali, soprattutto in ambito residenziale e urbano. 

Infine, la dimensione “G” (Governance) impone trasparenza nei veicoli societari, rendicontazione strutturata, gestione professionale e tracciabilità delle filiere di costruzione e gestione. 

In Europa, la spinta regolatoria è già in corso. Le direttive sul reporting di sostenibilità (CSRD), l’EU Taxonomy e il pacchetto “Fit for 55” stanno codificando standard che diventeranno la base per la selezione degli investimenti da parte dei grandi gestori. Non adeguarsi significherà, semplicemente, uscire dal radar degli investitori istituzionali. 

Dall’ESG teorico alla selezione degli asset: cosa attirerà capitale

L’interesse per gli immobili ESG compliant non è solo teorico. Già oggi si vedono premi di valorizzazione per asset in linea con i criteri richiesti dai fondi “green” o “impact”. Ma la vera domanda strategica è: quali categorie di immobili attrarranno più facilmente capitali nei prossimi 3-5 anni?

In primo piano troviamo il segmento degli uffici di nuova generazione, con elevate prestazioni ambientali e caratteristiche che favoriscono il benessere degli occupanti. La richiesta di immobili “green” da parte dei tenant corporate – spesso vincolati a propri target ESG interni – genera una spinta diretta anche sul valore locativo. Edifici certificati, con impianti centralizzati a basse emissioni, spazi flessibili e servizi integrati stanno già beneficiando di rendimenti più bassi (e quindi valutazioni più alte).

Anche la logistica urbana si conferma in cima alla lista. Non solo per il dinamismo del settore, ma perché offre margini di miglioramento tangibili sul fronte ambientale. Strutture modulari, alimentate da fonti rinnovabili, con sistemi di movimentazione a basso impatto e spazi per la micro-distribuzione sono molto ricercate da investitori attenti alla componente E dell’ESG. Il connubio tra digitalizzazione e sostenibilità è particolarmente efficace in questo asset class.
Sul fronte residenziale, i progetti di rigenerazione urbana hanno il potenziale maggiore per attirare capitali “pazienti” e orientati all’impatto sociale. Il social housing evoluto, gli studentati, le soluzioni coliving e i quartieri a funzione mista rappresentano uno sbocco naturale per i fondi che integrano metriche ESG nella propria asset allocation. In questo caso, però, la struttura contrattuale, la governance del progetto e la gestione dell’operatività diventano determinanti tanto quanto il layout fisico degli immobili.

Va segnalato anche il crescente interesse per gli asset ibridi a vocazione green-tech: spazi produttivi leggeri, fabbricati destinati a start-up green, hub di innovazione ambientale e distretti energetici. Questi asset rispondono sia al tema della decarbonizzazione, sia alla missione industriale legata alla transizione ecologica.

Dove si concentrerà l’attenzione dei capitali

A livello geografico, i capitali si stanno orientando in modo selettivo. I mercati principali – Milano, Roma, Torino – continueranno ad attrarre investimenti per la loro profondità, ma crescerà l’interesse per città secondarie ben collegate e con piani di rigenerazione attivi, come Bologna, Bari, Trieste o Padova. La presenza di ecosistemi territoriali orientati alla sostenibilità urbana sarà sempre più rilevante nella valutazione complessiva degli investimenti.

Un altro criterio emergente è il potenziale di riconversione ESG di un asset esistente. Non tutti gli investitori cercano immobili già perfetti: molti sono disposti a investire in trasformazioni profonde, a condizione che esista un piano di sostenibilità credibile, misurabile e certificabile. Questo offre un’importante leva anche per operatori locali o developer capaci di costruire progetti con forte valore aggiunto sul piano ambientale e sociale.

In generale, la logica di selezione sta cambiando: non si guarda più solo al rendimento atteso, ma al “net impact” di lungo periodo. Il capitale, soprattutto quello istituzionale, è disposto ad accettare IRR più bassi se compensati da un profilo ESG superiore. E questa dinamica è destinata a rafforzarsi.

Conclusione: l’ESG è già un criterio selettivo, non più un’opzione

Il real estate è storicamente un settore che si muove lentamente, ma oggi è chiamato a rivedere i propri paradigmi con urgenza. L’integrazione dei criteri ESG non è una questione di immagine o compliance: è diventata una condizione di accesso al capitale. Gli operatori che sapranno progettare, riqualificare o gestire immobili con metriche ESG solide si troveranno in vantaggio competitivo nel fundraising, nella valorizzazione patrimoniale e nella creazione di portafogli resilienti.

Non si tratta di “essere sostenibili”, ma di essere misurabili, trasparenti, certificabili e credibili. Gli asset più attraenti saranno quelli capaci di coniugare prestazioni tecniche elevate, impatti positivi sul tessuto urbano e una governance evoluta. In questa prospettiva, l’ESG non è solo una tendenza, ma una nuova grammatica degli investimenti immobiliari. Chi saprà parlarla con competenza e visione sistemica, sarà in grado di attrarre capitali di qualità e costruire valore reale e duraturo nel tempo.