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In un contesto in cui l’accesso al credito tradizionale si è fatto più selettivo che mai e gli aumenti di capitale in equity puro risultano sempre più complicati da portare a termine, le operazioni di raccolta ibrida (equity + debt) rappresentano una soluzione efficace per finanziare la crescita, riequilibrare la struttura finanziaria e migliorare la leva operativa dell’impresa.
Strutturare una raccolta ibrida significa combinare l’apporto di capitale di rischio (equity) con strumenti di debito, spesso in forma flessibile o subordinata, per ottenere un mix che minimizzi l’impatto diluitivo per i soci esistenti e, al contempo, garantisca liquidità immediata per finanziare progetti strategici.
Non si tratta solo di un’alternativa tecnica, ma di una vera e propria architettura finanziaria che, se ben costruita, può aumentare il valore d’impresa, attrarre investitori più sofisticati e rafforzare il posizionamento competitivo sul mercato.
Vediamo, passo dopo passo, come un’impresa può costruire un’operazione ibrida efficace, quali sono gli strumenti disponibili e quali criticità evitare.
Le operazioni ibride nascono per rispondere a esigenze che né il solo debito né il solo equity riescono a soddisfare pienamente. Molte PMI e aziende mid-cap si trovano oggi in questa situazione: progetti di crescita ambiziosi, marginalità in miglioramento, ma ancora limiti patrimoniali o rigidità bancarie.
Una struttura ibrida consente di:
In pratica, è uno strumento utile quando l’impresa ha una visione chiara di crescita, ma non vuole (o non può) aspettare la generazione organica di cassa per realizzarla.
Il primo passaggio è capire se l’impresa è nelle condizioni tecniche e strategiche per affrontare una raccolta mista. Serve un’analisi solida della struttura patrimoniale e dei flussi di cassa, con particolare attenzione a:
Una raccolta ibrida è sostenibile solo se l’azienda ha le condizioni per sostenere la quota di debito e valorizzare l’apporto di equity con un ritorno credibile nel medio termine.
Questa pianificazione permette di costruire una struttura credibile da proporre ai finanziatori e agli investitori, evitando soluzioni “tappabuchi”.
La parte tecnica dell’operazione ruota attorno alla combinazione degli strumenti finanziari. I principali strumenti di raccolta ibrida sono:
Lato debito:
Lato equity:
Ogni struttura ha pro e contro, in termini di controllo, diluizione, flessibilità e costi. Il compito del consulente è adattare questi strumenti alla fase di vita dell’impresa e agli obiettivi strategici dell’operazione.
L’ingresso di nuovi soci o di soggetti finanziatori con diritti speciali impone una riflessione sulla struttura di governance dell’impresa. È fondamentale chiarire fin da subito:
Una governance non allineata può generare conflitti interni e svalutare l’intera operazione. Al contrario, un buon assetto permette di allineare tutti gli stakeholder verso un obiettivo comune di crescita e valorizzazione.
Una volta definito il piano finanziario e la struttura dell’operazione, serve organizzare un processo strutturato di raccolta. Questo include:
La capacità di gestione professionale del processo incide in modo diretto su:
Strutturare un’operazione ibrida non è un esercizio teorico, ma una leva concreta per trasformare un’impresa. In contesti in cui l’accesso a capitali è limitato, o dove il rischio è percepito elevato, la combinazione di equity e debito può creare soluzioni su misura, scalabili e compatibili con gli obiettivi aziendali.
Non è solo una questione di capitale: è una questione di disciplina strategica, credibilità progettuale e visione industriale. Le aziende che riescono a costruire operazioni ibride ben congegnate dimostrano al mercato di saper attrarre capitali, gestire il rischio e impostare una governance evoluta.
Per questo motivo, anche se più complessa da strutturare, una raccolta ibrida rappresenta una delle opzioni più intelligenti per finanziare l’impresa di domani, con equilibrio tra crescita e controllo.
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