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Transformation - INSIGHTS

Come preparare le nuove generazioni alla leadership

In azienda, il passaggio generazionale non è mai solo un fatto anagrafico. Non basta che la “nuova generazione” raggiunga l’età giusta, che entri nel CdA o che erediti le quote.

29 GIUGNO 2025

10 Minuti di lettura

Introduzione 

Il vero ricambio si compie solo quando la nuova leadership viene preparata, accettata e riconosciuta come legittima da tutti gli stakeholder: collaboratori, partner, clienti, fornitori, banche.

In questo senso, parlare di “preparazione alla leadership” significa governare un processo complesso, multidimensionale e a lungo termine, che coinvolge competenze, cultura, relazioni e identità. E come ogni processo trasformativo, anche questo richiede metodo, visione e tempo.

Troppo spesso, però, si cade in uno dei due estremi: o si anticipa il passaggio troppo presto, affidando ruoli strategici a figure ancora acerbe, oppure lo si rinvia fino al punto di crisi, con l’impresa che rischia di restare prigioniera della leadership fondativa o dell’unica figura riconosciuta come “titolare”.

In entrambi i casi, non è la transizione anagrafica a creare valore, ma il modo in cui viene costruita la leadership futura.

La leadership non si eredita, si costruisce

La nuova generazione può essere figlia di imprenditori, ma non eredita automaticamente né la leadership né la legittimità. Questi due elementi si costruiscono nel tempo, attraverso un percorso che deve essere disegnato strategicamente, con chiarezza di obiettivi e gradualità nelle responsabilità.

Non si tratta solo di acquisire competenze tecniche o manageriali – che pure sono fondamentali – ma di costruire una visione autonoma, una capacità decisionale progressiva e una reputazione interna ed esterna. In altre parole, di passare da “giovane risorsa” a figura di riferimento.

Per questo motivo, la preparazione non può essere improvvisata. Serve un progetto di crescita strutturato, definito nei tempi, nei ruoli e nei criteri di valutazione. E serve il coraggio, da parte della generazione uscente, di lasciare spazio, accettare la diversità e sostenere il passaggio con coerenza.

Costruire un percorso reale, non solo simbolico

Una delle difficoltà più frequenti nelle aziende familiari o a controllo diretto è che la nuova generazione viene spesso coinvolta in azienda senza una reale definizione del ruolo, con incarichi marginali o troppo esecutivi, oppure – al contrario – con cariche formali ma prive di autorità sostanziale.

Questa ambiguità è pericolosa per tutti: per la nuova generazione, che fatica a costruire autorevolezza; per l’organizzazione, che non sa a chi fare riferimento; e per la leadership uscente, che si ritrova costantemente a intervenire per supplire alle lacune strutturali del passaggio.

Per evitare questa situazione, serve un piano concreto di inserimento e crescita, che contempli:

Solo così la transizione diventa un processo guidato, non un salto nel vuoto.

L’importanza della legittimazione interna ed esterna

Essere pronti tecnicamente non basta. La nuova leadership deve anche essere riconosciuta da chi lavora nell’impresa, da chi la finanzia, da chi la osserva. Questa legittimazione non è automatica, ma si conquista dimostrando capacità, ascolto, coerenza e visione.

La comunicazione ha un ruolo fondamentale in questo. Non parliamo di storytelling, ma di costruzione progressiva della reputazione interna ed esterna. La nuova generazione deve imparare a comunicare con partner, banche, clienti chiave, istituzioni, e deve essere esposta con intelligenza – e al momento giusto – agli stakeholder strategici.

Inoltre, è essenziale che il passaggio generazionale sia vissuto come opportunità, non come minaccia, anche all’interno. Questo richiede un’azione attenta di gestione del clima organizzativo, della motivazione dei team storici, della redistribuzione dei ruoli e delle deleghe.

Il ruolo della generazione uscente: facilitare, non ostacolare

Nessuna transizione riesce se chi lascia non è pronto a farlo. E questo è forse l’aspetto più delicato. La generazione uscente deve affrontare un doppio processo: distacco dall’operatività e ridefinizione del proprio ruolo.

In molte realtà, questo passaggio fallisce perché il fondatore o il leader storico non riesce a cedere il controllo reale. Continua a intervenire sulle scelte chiave, rientra nei momenti critici, delegittima implicitamente il successore con interventi estemporanei o con messaggi ambigui al resto dell’organizzazione.

Il risultato? Confusione, conflitto generazionale, rallentamento delle decisioni, perdita di fiducia da parte degli stakeholder. Per questo motivo, è utile definire con chiarezza i ruoli della generazione uscente, valorizzandone l’esperienza come patrimonio, ma distinguendola dalla nuova leadership.

Spesso, il passaggio più efficace si ottiene quando il senior resta come figura istituzionale, presidente o advisor strategico, mentre la gestione operativa viene trasferita gradualmente ma irrevocabilmente alla nuova direzione.

Conclusione: un processo da governare, non da subire

Preparare la nuova generazione alla leadership è una delle decisioni più complesse – e più strategiche – per la vita di un’impresa. Richiede lucidità, tempo, metodo, ma soprattutto la volontà reale di costruire qualcosa che possa durare oltre le persone.

Non è un passaggio automatico, né privo di ostacoli. Ma quando viene gestito con visione, può rappresentare non solo la continuità, ma il vero salto di qualità nella storia dell’impresa.

E in un contesto in cui sempre più capitali valutano le aziende non solo per i bilanci, ma per la qualità della governance, il valore di una leadership giovane, preparata, legittimata e credibile può fare la differenza.