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KPI che contano davvero: quali monitorare per una crescita sostenibile

La cultura dei dati ha conquistato la gestione d’impresa. Dashboard, reportistica avanzata, scorecard personalizzate: mai come oggi le aziende sono state così circondate da indicatori, grafici e numeri.

01 LUGLIO 2025

10 Minuti di lettura

Introduzione 

La quantità di KPI disponibili non si traduce automaticamente in qualità delle decisioni, anzi. Molti Consigli di Amministrazione, imprenditori e manager si trovano sommersi da metriche ridondanti, difficili da interpretare, che fotografano il passato senza offrire direzione per il futuro.

Per crescere in modo sostenibile, non basta misurare di più. Serve misurare meglio. Significa scegliere pochi indicatori rilevanti, che riflettano la traiettoria dell’azienda, che siano coerenti con la sua fase evolutiva e che offrano spunti azionabili per correggere, investire o cambiare rotta.

Questo articolo non vuole proporre l’ennesima lista di KPI “giusti per tutti”, ma aiutare a comprendere quali sono le metriche che contano davvero quando l’obiettivo non è solo crescere, ma farlo in modo sostenibile, replicabile e coerente con il valore creato.

Il rischio della misurazione decorativa

Molte imprese introducono sistemi di KPI perché richiesti da investitori, banche o manuali di management. Ma troppo spesso questi indicatori restano confinati nei fogli di Excel o nei cruscotti digitali, senza trasformarsi in strumenti decisionali reali. Il rischio è creare una gestione per KPI “ornamentali”, dove si misurano cose per dovere, ma non si prendono decisioni in base a quei numeri.

Questo succede, in genere, per due motivi: o si monitorano indicatori poco rilevanti, spesso ereditati da modelli standard o da altri settori, oppure non esiste un processo chiaro di lettura, confronto e risposta legato ai numeri. In entrambi i casi, il KPI perde la sua funzione primaria: aiutare a governare la complessità con criteri oggettivi.

La centralità dei KPI di direzione

Un indicatore ha valore quando diventa bussola, non solo specchio. Il KPI strategico è quello che permette al Board o al management di anticipare scenari, capire dove si sta andando e correggere rotta in modo tempestivo. Questo vale per tutte le aree dell’impresa: dalla produzione alla finanza, dal commerciale alla gestione dei talenti.

Un esempio classico è la differenza tra margine operativo lordo storico e margine prospettico per linea di business o cliente: il primo dice cosa è accaduto, il secondo può segnalare un cambiamento strutturale nella redditività. Oppure, nel mondo commerciale, il dato aggregato sui ricavi ha valore limitato se non accompagnato da una metrica sulla qualità della crescita, ad esempio l’incidenza dei ricavi ricorrenti o l’acquisizione di nuovi clienti ad alta retention.

Nella crescita sostenibile, non basta sapere quanto si cresce, ma come e con che rischi. I KPI più efficaci sono quelli che, oltre a misurare performance, mappano sostenibilità, resilienza e potenziale evolutivo.

Coerenza tra KPI e modello di business

Un altro aspetto spesso sottovalutato è che non tutti i KPI sono trasferibili tra settori o modelli aziendali. Un’impresa industriale a ciclo lungo avrà KPI legati alla gestione del capitale circolante e alla marginalità su commessa. Una società di servizi scalabile monitorerà probabilmente churn rate, costo di acquisizione cliente e lifetime value. Una realtà retail dovrà leggere conversioni, ticket medio e sell-through.

Tuttavia, esistono alcune domande trasversali che ogni KPI utile dovrebbe aiutare a rispondere:

Gli indicatori vanno scelti in funzione di queste domande. E vanno monitorati con costanza, ma senza ossessione: la frequenza con cui si leggono i KPI deve riflettere il loro potenziale d’azione, non solo la loro disponibilità.

I KPI che anticipano, non quelli che raccontano

La crescita sostenibile richiede capacità di visione, e dunque KPI capaci di anticipare tendenze, deviazioni, colli di bottiglia. Questo è particolarmente vero nei contesti ad alta complessità, dove le dinamiche di mercato, di filiera o di capitale cambiano rapidamente.

In questi casi, è utile affiancare agli indicatori tradizionali anche KPI predittivi, capaci di cogliere segnali deboli:

Questi numeri, letti con metodo, non dicono solo com’è andata, ma cosa può accadere, e quindi permettono al Board o al top management di intervenire per tempo, evitando derive o perdite di controllo.

Conclusione: leggere per guidare, non per rendicontare

I KPI che contano davvero non sono quelli più sofisticati né quelli più diffusi. Sono quelli che riflettono la realtà economica profonda dell’impresa, i suoi punti di forza e le sue vulnerabilità, e che offrono una base oggettiva per prendere decisioni complesse.


Misurare bene non significa misurare tutto, ma scegliere con intelligenza ciò che merita attenzione, distinguere i sintomi dalle cause e integrare i numeri nei processi decisionali veri, non nei documenti di presentazione.


In un contesto sempre più esigente, dove il capitale è selettivo e la crescita richiede disciplina, la qualità dei KPI utilizzati rappresenta una leva strategica, non solo un esercizio contabile. È su quei numeri – e sul modo in cui vengono letti, condivisi e interiorizzati – che si gioca la capacità dell’impresa di restare solida, rilevante e in controllo.

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