www.montesino.it
Transformation - INSIGHTS

Quando serve un advisory esterno al Board of Directors?

Il Consiglio di Amministrazione rappresenta il perno della governance aziendale. È lì che si concentrano le scelte strategiche, le decisioni più rilevanti sul futuro dell’impresa, i momenti di confronto tra soci e management.

28 GIUGNO 2025

10 Minuti di lettura

Introduzione 

Il BoD (Board of Directors) può trovarsi – ciclicamente o inaspettatamente – a dover affrontare situazioni in cui le competenze interne non bastano, le informazioni sono asimmetriche e il livello di incertezza richiede un punto di vista esterno, solido e neutrale.

Chiedersi se e quando coinvolgere un advisory esterno non è una questione di forma o di metodo, ma una valutazione di maturità, visione e responsabilità. Non si tratta di delegare, né di indebolire il ruolo del Consiglio, bensì di aumentarne l’efficacia, la lucidità e l’affidabilità nel momento in cui è chiamato a esprimersi su decisioni ad alto impatto.

Il CDA come centro decisionale e i suoi limiti fisiologici

Il BoD è chiamato a vigilare sulla gestione, approvare i piani industriali, valutare acquisizioni, cessioni, operazioni sul capitale, strategie di internazionalizzazione o, più semplicemente, la continuità del modello di business in un contesto competitivo che cambia rapidamente. Nei casi migliori, è composto da figure eterogenee, con esperienze e visioni complementari, capaci di dialogare con la struttura operativa e con gli stakeholder esterni.

Tuttavia, in molte imprese italiane – specialmente in contesti imprenditoriali o familiari – il Consiglio può diventare un organo chiuso, poco sfidato, a tratti autoreferenziale. Le competenze presenti, pur valide, spesso non sono aggiornate rispetto a dinamiche di mercato sofisticate o a strumenti finanziari complessi. In altri casi, la distanza tra il BoD e il management operativo si traduce in una visione parziale della realtà aziendale.

È proprio in questi contesti che un advisory esterno può offrire un supporto strategico, aiutando il Consiglio a interpretare meglio i dati, costruire alternative, validare ipotesi e soprattutto anticipare scenari futuri.

Quando la complessità supera la consuetudine: le situazioni tipiche

Un primo indicatore della necessità di un advisory esterno è la presenza di decisioni che deviano dalla normale gestione, e che richiedono competenze specifiche difficilmente internalizzabili o neutrali. Pensiamo, ad esempio, all’avvio di un’operazione di M&A, alla strutturazione di una raccolta di capitali, alla riorganizzazione della governance, o alla valutazione di un piano industriale che comporta discontinuità rispetto al modello tradizionale.

In questi casi, non è solo una questione tecnica. È una questione di legittimazione, trasparenza e credibilità. Il Board deve poter assumere decisioni di portata straordinaria senza subire il peso di asimmetrie informative interne, pressioni soggettive o lacune metodologiche.

Un altro scenario classico è la gestione di momenti critici o situazioni straordinarie, come:

In tutte queste situazioni, il rischio maggiore è procedere sulla base di percezioni, consuetudini o tentativi progressivi, anziché attivare un processo strutturato, guidato da metriche oggettive e da benchmark di mercato.

Il valore dell’indipendenza e della competenza settoriale

Affidarsi a un advisor esterno non significa portare in casa un consulente “generalista” che riformuli ciò che il Board già sa. Significa invece integrare nella discussione una visione indipendente, non condizionata da interessi diretti, e dotata della capacità di leggere le dinamiche settoriali con strumenti analitici aggiornati.

La qualità dell’advisory dipende tanto dalla competenza tecnica quanto dalla capacità di interfacciarsi con l’intero perimetro degli stakeholder: soci di maggioranza e minoranza, management, advisor legali e fiscali, banche e investitori. L’advisoring efficace è quello che non si sostituisce al Board, ma lo accompagna nel prendere decisioni complesse, fornendo opzioni, simulazioni, valutazioni di impatto e strutture operative.

Nei processi di dismissione, per esempio, un advisor esterno può impostare un’analisi del portafoglio immobiliare per valutare il momento migliore per l’uscita da un asset. In un’operazione di fundraising, può suggerire una struttura mista tra equity e debito coerente con la strategia aziendale e le aspettative dei soci. Nella revisione di una governance, può proporre modelli che rispettino gli equilibri attuali, ma facilitino l’ingresso di nuovi partner industriali.

Quando l’advisory diventa garanzia verso l’esterno

In molte situazioni, la presenza di un advisor esterno ha una funzione ulteriore: dare solidità e trasparenza al processo decisionale agli occhi del mercato. Questo è particolarmente vero quando l’azienda si confronta con terze parti: potenziali acquirenti, banche, fondi, autorità di vigilanza o stakeholder istituzionali.

Un Consiglio di Amministrazione che assume decisioni strategiche su basi documentate, con l’ausilio di advisor riconosciuti e un processo verificabile, genera fiducia. Sia all’interno (tra soci e manager), sia all’esterno (tra investitori e partner). Questo vale in particolare nelle PMI che si affacciano per la prima volta a operazioni strutturate: un’operazione presentata con il supporto di un advisor aumenta le possibilità di successo, accelera i tempi di esecuzione e riduce le richieste di garanzie.

Conclusione: l’advisor come strumento di governance capace di aiutare il BoD

Decidere quando coinvolgere un advisor esterno al Board non è una debolezza. È un segno di maturità strategica. È la scelta di affrontare i momenti più rilevanti della vita aziendale – che siano di crescita, transizione o crisi – con il supporto di chi conosce le regole del gioco e ha già affrontato dinamiche simili.

In un contesto in cui le imprese sono chiamate a muoversi tra finanza strutturata, normative complesse, trasformazioni tecnologiche e nuove sensibilità ESG, pensare che un CDA possa affrontare tutto da solo è un’illusione pericolosa.

Il vero valore di un advisor esterno non sta nel fornire risposte preconfezionate, ma nel costruire insieme al Board le domande giuste, offrendo strumenti per decidere, non decisioni da prendere.

Quando l’advisory è integrato nella governance in modo intelligente, diventa un fattore di resilienza, autorevolezza e, soprattutto, di creazione di valore durevole.